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Il Compenso Individuale Accessorio (CIA) è un’aggiunta mensile allo stipendio del personale ATA, erogata per 12 mesi; il Ministero dell’Istruzione e del Merito riconosce il CIA solo al personale di ruolo e ai supplenti con contratti annuali o fino al termine delle lezioni,la giurisprudenza ormai dominante stabilisce che esso sia dovuto anche ai supplenti con contratti brevi e saltuari.

L’art. 25 del CCNI del 31 agosto 1999 riguarda il CIA e prevede che sia erogato al personale ATA con contratto a tempo determinato su posto vacante e disponibile per l’intera durata dell’anno scolastico o al termine delle attività didattiche, escludendo quindi il personale che svolge supplenze brevi e saltuarie.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito interpreta che l’art. 25 CCNI del 31 agosto 1999 delimiti i destinatari del CIA, corrispondendo tale voce retributiva solo per contratti a tempo determinato con supplenze di lunga durata.

La Corte Suprema di Cassazione ha statuito che il principio di non discriminazione stabilito dalle normative e giurisprudenze europee implica che il trattamento accessorio debba essere esteso a tutti gli assunti a tempo determinato, indipendentemente dalla durata delle supplenze. Inoltre, secondo la Corte, l’interpretazione delle norme europee è vincolante per il giudice nazionale, che deve applicarle anche a rapporti giuridici sorti prima delle sentenze interpretative.

Pertanto, si ritiene che il CIA debbano essere esteso al personale ATA con contratti a tempo determinato, compresi quelli con supplenze brevi e saltuarie, al fine di evitare discriminazioni ingiustificate tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato. La Corte Suprema ha sostenuto che la natura fissa e continuativa di tali emolumenti non è collegata a modalità specifiche di svolgimento delle mansioni, e che il principio di non discriminazione deve guidare l’interpretazione delle clausole contrattuali.

Le sentenze della Corte Suprema confermano questa interpretazione, sottolineando che il trattamento accessorio dovrebbe essere applicato in modo uniforme a tutti gli assunti a tempo determinato, indipendentemente dalla durata dei loro contratti.

In sintesi, la controversia verte sul diritto del personale ATA, compreso quello con supplenze brevi e saltuarie, a ricevere la retribuzione accessoria prevista dagli accordi contrattuali. La Corte Suprema ha stabilito che il principio di non discriminazione richiede che tale trattamento sia esteso a tutti i lavoratori a tempo determinato e che le clausole contrattuali debbano essere interpretate in conformità con tale principio.

Inoltre, la clausola 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato recepito dalla Direttiva 1999/70/CE stabilisce specificamente quanto segue: per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive; se del caso si applicherà il principio del pro rata temporis; le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e le prassi nazionali. Tale clausola esprime il principio di non discriminazione tra lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori assunti a tempo indeterminato e deve essere riconosciuta portata generali tenuto conto dell’importanza del principio di parità di trattamento e del divieto di discriminazione.

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