L’assegno sociale previsto dall’articolo 3 commi 6 e 7 della Legge 335/1995, è una prestazione di carattere assistenziale che prescinde dal versamento dei contributi e spetta ai cittadini che si trovino in condizioni economiche disagiate e in possesso di determinati limiti reddituali.
Il rapporto tra assegno sociale e assegno di mantenimento è sempre stato oggetto di intenso dibattito.
In molte occasioni l’I.N.P.S. oppone un diniego alla richiesta di concessione dell’assegno sociale avanzata dal coniuge separato, perché, secondo l’Istituto, l’intervento pubblico a favore dei bisognosi ha carattere sussidiario, ossia può aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi. In altre parole – sostiene l’INPS – se uno dei due coniugi separati è in grado di provvedere al sostentamento dell’altro coniuge, è a lui che questi si deve rivolgere, prevedendo prima di tutto in sede di accordi di separazione l’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento, e poi attivandosi concretamente, in caso di mancata corresponsione, per ottenere in via giudiziale il soddisfacimento del credito. Solo a seguito dell’esperimento di un’infruttuosa esecuzione coattiva sul patrimonio dell’ex coniuge inadempiente, l’INPS sarebbe tenuto a intervenire in via sussidiaria concedendo al coniuge bisognoso l’assegno sociale.
Tale tesi è stata rigettata dalla ormai concorde giurisprudenza di merito e di legittimità.
La Corte di Cassazione in molteplici occasioni ed in particolare con la Sentenza n. 24954/2021 ha statuito che “ il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi: basti ricordare che l’art. 3 Cost., comma 2, prefigura un generale impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; che l’art. 38, enuncia il diritto di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all’assistenza sociale; che l’art. 32, nell’attribuire il diritto alla salute ad ogni individuo, assicura cure gratuite agli indigenti; che l’art. 34, prevede che il diritto allo studio debba essere assicurato in modo che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possano raggiungere i più alti gradi dell’istruzione; che gli artt. 31 e 37, delineano forme ampie e generalizzate di protezione per la maternità, l’infanzia e la gioventù, di aiuto e sostegno alla famiglia, nell’adempimento dei suoi compiti, e di tutela e garanzia per la madre lavoratrice e l’adolescente lavoratore. Ciò val quanto dire che il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti: opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l’obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussiste solo in via sussidiaria, ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla mercè delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l’autonomia e la stessa dignità, in spregio alla lettera e all’intonazione dei principi costituzionali dianzi ricordati”.
D’altronde, continua la Cassazione, la corresponsione effettiva dell’assegno sociale, seguendo la dizione letterale della legge, deve essere rigidamente parametrata ai “redditi effettivamente percepiti”, a nulla rilevando la mancata previsione dell’assegno di mantenimento in seno agli accordi di separazione o la mancata attivazione delle azioni coattive di riscossione da parte del coniuge insoddisfatto.
La rinuncia all’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge non comporta la revoca da parte dell’Inps del beneficio dell’assegno sociale.
La suprema Corte ribadisce che il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare «desunto dall'assenza di redditi o dall'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall'assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all'assenza di uno stato di bisogno (tra le altre Cassazione 29109/2022).
Conclude la Cassazione affermando che non è rilevante che lo stato di bisogno sia incolpevole; condizione necessaria per l'accesso all’assegno sociale, rileva nella sua mera oggettività poiché «il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l'intervento pubblico in favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario ossia che possa avere luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi» (Cass. 24954/2021).